
La soglia di tolleranza del dolore ingiusto ha conosciuto abbassamenti che hanno portato l’uomo ha litigare fino alla morte, facendo la guerra a sé stesso e agli altri. La storia conosce da sempre rivolte e rappresaglie che rivendicano il diritto alla pace e all’autodeterminazione, ma c’è un angolo di vita che l’uomo non può ignorare e nel quale egli ritrova sempre il volto vero della propria immagine. È la sua dimensione religiosa. Religione (da “re-legere”) è “ri-leggere” i fascicoli del vissuto per dirimerne i dubbi, spianare le ansie e rivisitarne i nodi più intensi: quelli che hanno reso e rendono impossibile andare oltre. Religione (da “re-ligio”) è “di-legare” i sedicesimi del vissuto, cioè i quadrati di stampa di una vita editata, prodotta, ma non ancora confezionata, pronta e consegnata alla storia intera.
L’uomo ha bisogno di guardare allo specchio della storia
L’uomo ha bisogno di guardare allo specchio della storia i connotati attraverso cui, tra ferite, cicatrici e tessuti sani la vita stessa continua a fare il proprio percorso adagio, ma senza interruzioni. È un’esigenza connaturata alla propria struttura di homo cogitans, di essere in grado di pensare e di pensarsi. La speranza è il lessico di questo angolo di vita: il cantiere con cui le parole vengono ordinate, collocate e finalmente sfruttate al massimo della propria dinamicità. Da questo bisogno religioso nasce il presente fino a che egli, l’uomo, diventa presenza: consapevolezza, prossimità e condivisione.
Essere presenti è l’unico modo di vivere: l’altro
Presenza e presente sono due facce della stessa medaglia, quella che non recita vittorie e conquiste a danni di qualcuno, ma che ricorda il merito di essere diventato sempre più di valore a sé stesso e, soprattutto, all’altro, man mano che scorrevano gli anni. La presenza è per l’altro. Essere presenti è l’unico modo di vivere: l’altro. Nessuna soglia di tolleranza, davanti all’altro, può essere limitata o anteporsi all’accoglienza, al dialogo e alla fraternità. Nessun dolore ingiusto è mai destinato ad essere l’ultima parola nella vita dell’uomo, nella vita della famiglia umana, del destino del pianeta e nel suo futuro più anteriore. L’ultima parola è e sarà sempre il conforto, non la tristezza; la pace, non la guerra.


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