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“Sweet sounds of Heaven” dei Rolling Stones e la dolcezza della preghiera

– Inno alla pioggia celeste dell’amore di Dio –

Non permettere a nessuna donna o bambino di soffrire la fame stasera, per favore proteggici dal dolore

Il 10 ottobre è uscito un album spettacolare dal sound brevettato Rolling Stones e dal titolo “Hackney Diamonds“. Non è stato difficile sintonizzarsi sui primi accordi del rock pastoso di una delle band più influenti nella storia della musica, ma ancora di più aver scovato in alcune parole qualcosa di “visionario” ha potuto rendere questo lavoro una pietra miliare. Nel brano Sweet sounds of Heaven, in cui compare la splendida voce di Lady Gaga, il testo, infatti, fluisce ammonendo eventi futuri che hanno toccato la sorte di bambini innocenti con la solita stupida guerra che, alla fine, miete le solite vittime e copre di anonimato i carnefici. «Non permettere a nessuna donna o bambino di soffrire la fame stasera, per favore proteggici dal dolore» («Let no woman or child / Go hungry tonight / Please protect us from the pain /And the hurt, yeah»).


Non puoi avere una luce senza una piccola ombra, sì hai sempre bisogno di un bersaglio per il tuo arco e la tua freccia, voglio essere inzuppato dalla pioggia del tuo amore celeste, Oh sì, andiamo

Benedici il Padre
Benedici il Figlio

Non è scontato sentire queste parole in una canzone con un ritmo blues anni ’50 che, fin dall’inizio, vuole solcare le orecchie di chi l’ascolta; così come non è gratuito e accidentale che dalle labbra di artisti di solida fama si elevi una preghiera intensa al Padre e al Figlio («Bless the Father, bless the Son»). È bello pensare che una profondità artistica di così telentuoso spessore, a prescindere dalle capacità musicali, sia frutto di un rumore dell’anima in grado di farsi ascoltare in tempi di aridità apparente come quelli odierni: sorprende tanto quanto l’orecchiabilità felina di un groove intenso che qualcuno si dedichi a parlare con Dio mentre ovunque si ha paura di farlo. Ad un certo punto del brano, dopo la parte iniziale e l’esordio graffiante dell’ugola di Mick Jagger, un’elegante e composta Lady Gaga scorre il testo sfiorando le parole con piccoli, accennati movimenti della voce che fanno sussultare gli accenti ma senza stridere più di tanto. «No, non andrò all’inferno, in qualche motel polveroso e non sto andando giù nella terra (Sì, sì, sì), Riderò, riderò, piangerò, piangerò, mangia il pane, bevi il vino, perché finalmente, finalmente mi sto dissetando» gridano insieme i due solisti dando vita all’esplosione delle chitarre elettriche ma anche continuando ad assecondare le trombe che si aggiungono all’insieme: «Non puoi avere una luce senza una piccola ombra, sì hai sempre bisogno di un bersaglio per il tuo arco e la tua freccia, Voglio essere inzuppato dalla pioggia del tuo amore celeste, Oh sì, andiamo (Oh)».

In un Natale spettrale, in cui il suono delle campane a festa è mortificato dal boato delle bombe in più parti del pianeta, una canzone ci può stare: magari un richiamo celeste che possa illuminare qualcuno a cambiare politica, preferendo la convivenza civile allo squallore della sopravvivenza militare. 

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