Ai piedi di San Calogero – comunemente chiamato “San Calò” – hanno provato a giurare tutti: gente ammalata e familiari in pensiero, genitori residenti di figli lontani per lavoro e famiglia, nonni disperati per nipoti in gravi condizioni di salute e nonni soddisfatti dell’intervento del santo per aver aiutato i ragazzi a superare i postumi di gravi incidenti stradali. Perciò hanno realizzato pane che ha la forma di quello che il santo ha curato e guarito: braccia, gambe, piedi, mani, testa e persone intere, nel senso di problemi che riguardavano i legami personali o familiari. Li hanno chiamati miracoli di San Calò e ne hanno fatto un simbolo della comunità, perché attorno a quei pani chi aveva creduto e sperato nel Santo fino a quel momento si ritrovasse a condividere assieme ad altri sia il frutto che il racconto di quanto avevano visto con i propri occhi accadere, realizzarsi, compiersi e diventare vita quotidiana. Perciò quei miracoli parlano da soli e non hanno bisogno di spiegazioni, di giustificazioni o di iniziazioni particolari. Ma c’è un miracolo tra tutti che non è stato fatto a forma visibile di pane: un miracolo che tutti hanno ricevuto in questi mesi e da cui si riparte ogni giorno; un miracolo che ha irrobustito le gambe e le braccia di quelli a cui piace fissare il santo negli occhi senza ipocrisia; un miracolo onesto e sincero, fatto di un grano speciale e, soprattutto, del lievito del Vangelo, il lievito cristiano, il lievito della pace nella verità, del coraggio, della legalità e della consapevolezza che il credente, a Villarosa, è anzitutto cittadino della Costituzione Italiana. È stato ed è un miracolo in fieri, ovvero che si realizzerà gradualmente e toccherà diverse persone, soprattutto i i bambini, i giovani e quanti si appoggiano, s’ispirano e si lasciano motivare dalle parole di Gesù di Nazareth; un uomo concreto e reale che sapeva di essere figlio di Dio e, allo stesso tempo, figlio di Giuseppe e Maria ai quali prestava ascolto leale, obbedienza critica e silenzio pacifico, a volte anche arrendevole. Il pane lievitato con gli insegnamenti del maestro di Nazareth, a Villarosa, sta diventando di casa e si vede: diverse sono le persone che, nel loro piccolo quotidiano, brillano per onestà, per coscienza solida e rispettosa della parola data, fino ad essere ormai considerati pilastri giovani della comunità tutta: religiosa e cittadina insieme. E ancora più numerosi sono quanti fanno il bene senza vantare diritti di proprietà, oppure agiscono per costruire pace, per far riconciliare amici e parenti dopo anni di dissidi. Persone credibili, prima ancora che credenti e praticanti la chiesa cattolica.
Personalmente, da cittadino e da sacerdote, è un piacere dell’anima conoscerli e imparare dalla loro saggezza, come da padri e madri elette e posti a me davanti durante questa stupenda storia di diakonia al Vangelo di Cristo vissuta in mezzo a loro da dodici anni a questa parte; è un regalo inestimabile che la vita mi ha fatto poterli ascoltare e condividere con loro sensazioni, perplessità, intuizioni e progetti per il futuro da costruire insieme lasciando, appunto, lievitare con pazienza il vissuto impastato con le proprie mani, come da santi senza nicchia. Questa è la gente che non va dimenticata e questa è la comunità che va guidata; questa la forma invisibile del pane che rimane impressa soltanto nella mente, magari, perché nascosta agli occhi e questo è il miracolo più vero della fede semplice, ma secondo Cristo e il suo Vangelo, sotto gli occhi di tutti e a due passi dal resto del mondo.



Lascia un commento